26 giugno 2016

La Sinestesia del Christo


Beh, che dire cari amici? Scriviamo queste righe decisamente controvoglia, ma purtroppo - o per fortuna, in fondo significa che qualcuno richiede il nostro parere - su questa cosa dei Floating Piers ci siamo sentiti un po' tirare per la giacchetta. Non solo, ma dobbiamo parlarne per almeno altri due motivi:
- raramente un'opera come The Floating Piers ha separato e diviso le coscienze: lascia perplesso (quando non disgustato) chi capisce qualcosa d'arte, mentre entusiasma chiunque altro, almeno secondo quanto abbiamo potuto vedere noi
- nel male o nel peggio è comunque un'opera sinestetica e il suo successo, volenti o nolenti, la pone sotto i riflettori di critici e coscienze. Occupandoci noi principalmente di questo, il nostro modesto parere rasenta il doveroso

Quindi, che possiamo dire noi di nuovo su quest'opera di Christo, artista celeberrimo e già piuttosto attempato, opera comunque che ha goduto di un tale battage che su di essa il giudizio della storia sembra essere già definitivo? Beh, trattandosi di installazione dagli effetti sinestetici, possiamo confrontarla con il nostro concetto di Sinestesi. Concetto che, badate bene, si basa su requisiti formali certamente necessari quando si vuole delineare una categoria distinta da quelle che la precedono, ma soprattutto ai nostri occhi si distingue per scopi ed obiettivi. I quali sono principalmente riassumibili nel proposito di ristabilire un'arte elevata ed edificante, un'"arte ancella dell'anima" di dantesca memoria. Ripetiamo che per raggiungere questo scopo la Sinestesi si configura quando un'opera è:
- riferita a un Archetipo, di per sé in grado di attivare centri neuronali
- multimediale, ovvero utilizza più mezzi per rivolgersi a più sensi
- frutto della collaborazione di più artisti, di modo che non prevalga l'ego di nessuno
- interattiva e indeterminata, ovvero in linea di principio la partecipazione del fruitore porta ad effetti imprevisti e sempre nuovi
- lontana da dinamiche di intrattenimento e/o finalizzate ad evocare paure (atiquifobie e apatepofobie)
Un sesto requisito, ovvero che sia tecnologica (da qui il nome Technesya), non è strettamente necessario né tipico della nostra visione ma è ormai un'esigenza dei tempi, oltre che la possibilità inedita che essi ci offrono.

Ora, cos'ha combinato l'ottuagenario Christo, forse il più importante nome vivente della cosiddetta land art? Ormai ripetitivo in uno stile consolidato, problema tipico di molti artisti affermati a partire da Picasso, ha pensato bene non di rivestire un edificio o una struttura esistente, bensì di creare lui stesso un'opera di ingegneria civile e poi provvedere a ricoprirla. Insomma ha creato delle passerelle galleggianti, piuttosto comuni come pontili nei nostri porti, per farle arrivare alle principali isole del lago d'Iseo impacchettate di un arancione pugno-in-un-occhio. Pare sovvenzionato dalla Pro-Loco e dalle strutture ricettive locali, il suo proposito ha conosciuto subito un'enorme, quindi sospetta, campagna stampa in grado di attrarre decine di migliaia di persone. Un'operazione certamente molto costosa ma insieme molto efficace, con buona pace di chi ritiene che la seconda caratteristica sia effetto della prima.

I principali critici hanno subito storto il naso, noi abbiamo citato Sgarbi e Daverio ma ce ne sono centinaia d'altri, eppure l'afflusso di pubblico è stato veramente eccezionale (e dura tuttora), tanto da aver dato origine a problemi di ordine pubblico, specie di notte dove i più disparati bivacchi blasfemi hanno avuto luogo sulle passerelle. Ma cos'hanno avuto da obiettare i critici? Beh, innanzitutto la cosa più ovvia: un'opera di genio civile non è un'opera d'arte, per quanto possa farti stare bene e/o tu possa trovarla piacevole. Se alla fine dell'800 qualcuno ti avesse invitato nella sua automobile primordiale, potevi trovarla prodigiosa e geniale quanto vuoi, poteva scatenare ogni tipo di entusiasmo, ma un'automobile resta un arnese, una macchina, così una passerella resta tale. Insomma uno strumento che ti dà gradevoli sensazioni o ti facilita in un compito difficile (come ad es. consentire l'accesso all'isolotto fortificato e inaccessibile di San Paolo) NON è arte, è e resta strumento.

Poi ci sono state molte altre condivisibilissime obiezioni: che etica porta con sé un'arte che asfalta un lago con 220.000 cubi di polietilene? E se ci fosse qualche riccone della zona o qualche politico a cui venisse in mente per suo prestigio personale di rendere definitiva una cosa simile? E poi ancora, con tutta la fame di soldi che hanno gli artisti "veri", quelli che non contrabbandano ingegneria per estetica, è moralmente giusto dare tutte queste disponibilità finanziarie e/o visibilità a un volpone peraltro già più che affermato? Non sembra un'operazione cinica, all'italiana, paese non per giovani? Il tutto evocando simbologie facilotte e già ampiamente abusate, come il ponte fra realtà irraggiungibili? C'è infine chi come noi trova assolutamente inaccostabili l'arancione acceso con il blu del lago ma va beh, qui si entra nel gusto personale (peraltro l'arancione presenta il grande vantaggio che l'utente entusiasta non si può confondere e caderne fuori distrattamente infradiciandosi o rischiando l'annegamento). Insomma la critica è che si tratta di una burla, un equivoco che contrabbanda un'opera civile per arte deturpando un paesaggio meraviglioso con tonnellate di plastica arancione, in modo poco etico e sottraendo risorse ad artisti bisognosi.

Ma, di contro, cos'ha entusiasmato così tanto la gente? Beh, secondo noi maligni proprio le basse pretese e la diffusissima ignoranza, caratteristiche che hanno permesso a un'operazione così spietata di funzionare. In fondo chi se ne frega della differenza fra arte e opera civile? Nella noia esistenziale che ci attanaglia, nel grigio baratro delle nostre esistenze, siamo stati bene e abbiamo passato una giornata piacevole passeggiando sulle acque fino all'isolotto tale. E poi, vuoi mettere in quest'epoca di crisi e disordini sociali, culturali e religiosi che importanza ha il simbolo del ponte che unisce uomini e pensieri irraggiungibili? Poco importa se non serve a nulla. Infine c'è chi ha aggiunto il fatto che l'opera sia temporanea: si può camminare sulle acque, sì, si possono raggiungere questo e quell'isolotto ma domani questa possibilità sparirà come un sogno. Ecco, questo è l'unico aspetto che anche noi abbiamo trovato convincente dell'intera operazione: almeno dura poco (speriamo)!

Per quanto riguarda noi, una volta tanto ci troviamo perfettamente d'accordo con la critica sopra enunciata, aggiungendo che non si tratta neanche da lontano di Sinestesi. Certo è sinestesia, perché installazione che coinvolge vista, udito, olfatto, perché no tatto, ma soprattutto senso dell'equilibrio. Ma non è Sinestesi: il nome e l'ego di Christo sono dominanti su qualunque altra considerazione, l'interattività è nulla e i passaggi sono obbligati, l'unica cosa indeterminata è la loro successione. Infine è assolutamente piaciona e paracula, offrendo quasi esclusivamente un piacevole intrattenimento domenicale a persone qualunqui, normalmente disinteressate all'arte e convenute sul luogo perché attirate da telegiornali opportunamente prezzolati, quindi per vomitevole fenomeno di conformismo. Certo ne apprezziamo la gratuità, cosa ottima ma che non basta a salvare un'operazione già definita a nostro avviso cinica.

Ma soprattutto chi ne esce male è l'utente. Quest'opera, anziché arricchire lui o la sua anima in modo alcuno, lo rappresenta come un burattino, un consumatore sciocco, conformista e inconsapevole. Il target di un'operazione di marketing che risponde allo stimolo in modo automatico e pavloviano, e che inoltre non sa argomentare il proprio piacere di fruizione in altro modo che, appunto, per il piacere e la piacevolezza che porta, come se una giostra potesse essere un capolavoro estetico, peggio, come se il massimo obiettivo cui l'arte possa puntare sia una spensieratezza da baraccone. Un consumatore buzzurro e ignorante che fa della capacità masturbatoria l'unico obiettivo estetico di un'operazione sostanzialmente incompresa o al più giustificata per simbologie elementari (il famoso ponte).

Oh ragazzi, contenti voi... noi continuiamo a ritenere l'arte una cosa importante. Poi a ognuno l'opera che si merita...

28 maggio 2016

Il Silenzio sull'Anima


Buongiorno giovani e meno giovani follower, perché continuate ad essere in tanti e vi ringraziamo di cuore, però... così, ci chiediamo perché siano un po' spariti i commenti. Il nostro blog avrà avuto tanti difetti ma ha sempre accettato il contraddittorio su qualunque argomento senza mai censurare nulla, fino alle sterili sequele di insulti ai nostri due post ancor oggi più letti. Ci siamo fatti questa domanda ultimamente però non riusciamo a darci una vera spiegazione, forse affermiamo cose assurde, disarmanti? A volte ci hanno accusato di pareri perentori, davvero sono stati eccessivi e meno spiritosi di quanto avremmo voluto?

Oppure......... oppure l'essere umano ha sempre meno voglia di parlare del problema, di affrontarlo davvero. In qualche modo non si vuole più analizzare il lato oscuro, l'errore, il disagio. Ma non perché non sia interessante, ma perché il problema ci tormenta, e nel tormento lo si identifica credendo quindi di conoscerlo benissimo, e si cerca allora solo una soluzione, magari rapida.

E... mentre ci facevamo domande simili ci è successo di venire invitati da un gruppo di persone a presentare il progetto Technesya e noi stessi come gruppo in un'importante città di provincia emiliana. Abbiamo avuto modo di relazionarci con una categoria particolare di esseri umani, ovviamente salva l'imprescindibile differenza personale, ma tutti sinceramente interessati all'arte, e molti all'etica per via più o meno spirituale o "misteriosofica", diversi i massoni.

Persone che come tutte avevano domande sull'anima, forse con qualche conoscenza o esperienza in più della media, domande che nondimeno lì per lì apparivano come poco chiare, come nascoste sotto una patina di perbenismo (modello immobilista con tendenze osnobloticonformiste). Però loro avevano letto il nostro post sulla definizione di anima e, condividendo l'idea tutt'altro che nostra di "arte ancella dell'anima", hanno chiesto una dimostrazione della Sinestesi. Che dimostrazione non ha potuto essere perché, a parte qualche evento sincrestesico, una vera Sinestesopera non è ancora stata creata.

Ma la serata prosegue, degli argomenti si parla, e le questioni scuotono, i simboli lavorano, e così le energie. E lentamente questa piega perbenista è venuta meno, le persone si sono lasciate andare sempre di più, palesando istanze e lati nascosti. Nulla di strano o particolare, ci vien da sorridere nel dire "le solite cose", se solo non fossero così incredibilmente importanti: cos'è l'anima, cos'è l'interiorità, cos'è la coscienza, per cosa si cambia, per cosa no.

Ed è emerso... non sappiamo come dirlo... un mal di vivere. Una dolorosità diffusa, un campionario di parenti disgraziati, lutti, incidenti, malattie, imprevisti e/o sventure assortite che alla fine però sono all'origine della ricerca spirituale. Come se ci dovesse scappà il morto per indurci a conoscere noi stessi e il nostro scopo sulla terra. Lo scambio umano che ne è nato quindi è stato bello, profondo e importante. Persone che si aprivano, che mettevano a nudo il loro lato dolente per innescare uno scambio reale.

Di contro però ci ha un po' ferito il fatto che le aspettative sulla Sinestesopera fossero come di macchina della felicità, incrocio fra arte, stregoneria e condizionamento mentale. Le domande per lo più volevano quantificare modalità e misura di soluzione dei problemi / purificazione dell'anima / resa in termini se non di felicità almeno di serenità. Senza capire che l'arte è certo terapia, ma lo è anche, ovvero non sempre e non necessariamente. Essa è anche scombussolamento e messa in discussione. È cambiamento di punto di vista che crea la ridiscussione del sistema di valori e/o delle azioni finalizzate a perseguirli - ricordate la differenza fra atiquifobie ed apatepofobie?

Eppure lo scombussolamento non lo si accetta, la messa in discussione viene ormai considerata inutile perdita di tempo. Parla l'ego, che sa cos'è meglio e non si mette in discussione ma vuole risultati. Questo è ciò che cerca chi si pone problemi dell'anima oggi: terapie, tecniche, garanzia di risultato. Il tempo dell'instabilità è inutile o ha già dato i suoi frutti.

Ecco, non vorremmo mai che un fenomeno simile fosse anche all'origine della mancanza di commenti. Perché questo è un posto di confronto, dove potete esprimervi come meglio credete senza timore di giudizio.
Se non succede questo, il blog non funziona per le sue potenzialità e la sua frequentazione si limita a un aggiornamento divertito su un punto di vista interessante ma nulla più. Che inoltre rischia di diventare delirio solipsista. Grazie, per la comprensione, a presto,
i Sinesthsys

29 aprile 2016

Addio Vanessa


Siamo stati colpiti da un dolore immenso: Vanessa non è più fra noi.
Lei non solo era una di noi, ma è stata colei che ha proposto il nome Technesya al blog e l'immagine dotata di corna che ci contraddistingue.
Era una persona fantastica, un'impareggiabile cercatrice di verità, che tendeva a dire in modo veramente diretto, quasi temerario.
Ma era anche un'anima dolce e sensibile, sempre pronta al sacrificio per le persone che amava e alla comprensione profonda per tutti.
Ci mancherai tremendamente Vanessa, ci mancherà la tua intelligenza e la tua capacità di teorizzare i rapporti fra Sinestesi e Mutantropia, fra le 1000 altre cose.
Proveremo, anche senza riuscirci, ad essere degni di te. Addio e... grazie!
Il Gruppo Sinesthesys

18 marzo 2016

Lo Schifo dei Sedicenti Talent


Buongiorno a tutti, è un po' che non ci si sente, eh? Beh, prendetelo come buon segno, ovvero del fatto che siamo impegnati su altri, troppi fronti. Non ultimo dei quali la proverbiale Sinestesopera che, a questi ritmi, prevediamo pronta il 3 settembre. Sì... 2025! ;(

Ora... certamente per voi non è un segreto la nostra viscerale avversione nei confronti dei sedicenti talent show, infatti più volte ci siamo lasciati andare a dichiarazioni poco lusinghiere nei confronti degli inguardabili Amici di Maria de Filippi (horreur!) o di quell'epitome di vergogna che è stato X Factor, con o senza il minus cogitans Morgan, ma mai fino ad ora abbiamo cercato di teorizzarne le ragioni. In ogni caso, l'ASSOLUTA ASSENZA del sia pur MINIMO talento emerso dalle ormai numerose edizioni (loro e dei vari Voice of Italy, Italy's Got [soi-disant] Talent e spazzatura simile) parla per noi. Eppure ieri sera ci siamo riuniti gli ormai 4 gatti che siamo ;) per lavorare sulla Sinestesopera - nella speranza di poterla vedere almeno entro il 2022 - e invece, un po' per cialtronaggine ma soprattutto per stanchezza, la serata è finita in cazzeggio.

Prima alcuni di noi avevano visto Diego Abatantuono da Mentana pubblicizzare il "suo" talent, Eccezionale Veramente, forse il programma più pubblicizzato da La7 nelle ultime settimane. Al che ci siamo chiesti il perché del bisogno di così tanta pubblicità, è veramente così brutto da non avere audience? E abbiamo finito per vederne 1/4 d'ora circa, poi umanamente non ce l'abbiamo più fatta. Niente da fare, è un talent, fa veramente schifo per natura intrinseca. Ma perché? Proviamo a dirlo.

Ovviamente ciò che maggiormente irrita è la giuria. Per ora non vi diciamo esattamente perché, anche se poi col progredire del nostro discorso sarà lampante. In questa, al solito (e qui veramente non sappiamo scorgerne le ragioni recondite) c'è una donna senz'arte né parte, in questo caso la nullità riempita d'arroganza Selvaggia Lucarelli, persona che necessiterebbe di una squadra di autori ogni volta che ha l'intenzione di proferir parola. Poi c'è il "giovane di belle speranze" Paolo Ruffini, che tanto giovane non è e che tra l'altro girano voci che nella vita abbia goduto di un numero tale di raccomandazioni da poter riassumere almeno metà dei cassintegrati FIAT (non ce ne voglia l'interessato, relata referimus ;) e che in più di un atteggiamento, oltre che dalla capigliatura, somiglia al da noi certo non amato Morgan, fortunatamente con molta meno boria, cosa che perlomeno non ce lo rende inviso.

Ma soprattutto c'erano loro, due decani della comicità italiana: Renato Pozzetto, sorta di mito, ex superstar del cabaret milanese dei bei tempi, e lui, re Diego Abatantuono, un attore monstre del cinema italiano, oltre che comico-simbolo degli anni 80. Ed è su loro due che ci vogliamo focalizzare, cioè sull'ipocrisia del modello mutantropico artistico che propongono. Perché lo show, alla fine, è sempre quello: arriva un artista più o meno imbarazzato/emozionato (questi sono così stupidi da crederci davvero), o una coppia o un piccolo gruppo, fanno la loro performance di 3 minuti, alcuni membri della giuria sembrano apprezzare, altri un po' meno, poi c'è il voto.

Ecco, è lì che la farsa leva la maschera, il famigerato voto. Perché qui la sig.na vuoto pneumatico cerebrale Lucarelli e i suoi 3 compari che almeno a un certo mondo dello spettacolo, quindi in senso lato della cultura, sono appartenuti, devono fingere di essere dei critici consumati ed esperti e giustificare i loro pareri con categorie che il più delle volte sono ingenue o pretenziose, o almeno arbitrarie da lasciare perplessi. E quali volete che siano? "L'artista è preparato" e/o "completo", quando non "i tempi comici sono corretti", piuttosto che "le battute sono attuali / rispecchiano i tempi". Fatecelo dire, CHE INCREDIBILI IDIOZIE! Incredibili ma necessarie: il voto di una sedicente giuria non può che essere accademico, scolastico, se vuole spacciarsi per oggettivo. Già, peccato che però non tenga conto di un elemento FONDAMENTALE dell'atto artistico, da noi evidenziato nel post Etica ed Estetica: l'arte è veramente arte, la cultura è veramente cultura, se in qualche modo è mutantrogenica, cioè rinnova le sue forme. Se no è ripetizione accademica, virtuosa quanto si vuole, ma la forma viene sostituita dalla formula, l'arte dall'artigianato, per quanto di lusso o d'eccellente fattura. L'artista così viene svilito e il burattino performante premiato.

Insomma cos'è che rese così grandi Cochi e Renato alla fine degli anni 60, tanto da essere sostenuti e spinti da quell'altro genio pazzo e alieno che fu Jannacci? Appunto l'essere alieni a tutto quanto visto sino ad allora! Sconclusionati, pasticcioni, il termine "surreali" che veramente toccava vertici di eufemismo. Nello specifico lui, Pozzetto, grasso, grosso e imbranato, col suo eloquio assolutamente sbagliato - con pause, dimenticanze, ripetizioni di "cioè" e infiniti "praticameeente" - aveva spezzato, contraddetto e rivoluzionato ogni concetto fino ad allora condiviso di tempo scenico! Il loro successo durò quasi 10 anni, una cosa fino ad allora veramente eccezionale, perché una volta - al contrario di oggi - esistevano le "scene", che però venivano a noia e/o sostituite da altre scene ogni 3-4 anni. E la generazione di comici che alla fine degli anni 70 li sostituì, i vari Teocoli e Boldi, sempre sostenuta dal Derby e Jannacci, aprirono la strada alla grande comicità degli anni 80 rappresentata in televisione dal mitico Drive In e al cinema da geni stralunati come, per l'appunto, il terrunciello Diego Abatantuono. Anche lui tanto trash da essere rivoluzionario: sboccato, sopra le righe, dialettale in modo tanto demenziale quanto a tratti inintelligibile. Il re della degenerazione ignorante e buzzurra che l'Italia si portava dietro da un dopoguerra ancora non superato, autore di canti esilaranti e stonati (celebre "io rinascerò purciello migratore") o di slogan di certo non politically correct ("viuleeeeenza"!).

Ecco, speriamo che la nostra posizione sia chiara. Se Pozzetto e Abatantuono ai loro tempi avessero partecipato a un talent sarebbero stati bocciati. Quindi, campioni di ipocrisia, oggi sostengono una formula che loro non avrebbero potuto che disprezzare. Perché una sedicente giuria deve giudicare per criteri oggettivi condivisi e questi, fatto salvo il caso di vere intelligenze critiche (ma allora non avrebbero chiamato miss vuoto pneumatico Lucarelli), non possono che essere basati sul passato. Le peculiarità, le innovazioni, potendo incontrare solo occasionalmente il gusto personale, non possono vincere o emergere. Inoltre così si fa un favore alla più bieca industria culturale, che è favorita nel sostituire all'arte l'entertainment, operazione da noi in più occasioni bollata come osnoblotica.

Ma perché una volta non esistevano i talent? E come hanno fatto Pozzetto e Abatantuono a farcela, a innovare così tanto le formule della comicità? Perché c'era una giuria vera: la gente. Che forse sì, era ignorante e poco preparata, ma nel grande numero poteva fare massa critica nel premiare peculiarità e innovazione. Questo per dire, carissimi, che se la televisione fa schifo, se i talent fanno schifo, se quindi a causa loro non emergono talenti nuovi, la colpa è soprattutto nostra in quanto spettatori. Spegnamo la televisione e andiamo a teatro o al cabaret! Spegnamo la tecnologia spersonalizzante e riaccendiamo i cuori. Se no siamo destinati a dare a Morgan, Elio ed altri la colpa del nostro degrado.