18 aprile 2012

Psicologia Antropologica

L’atteggiamento mutantropico dell’uomo si delinea fin dagli albori della presa di coscienza, come gruppo prima e individuo poi, di essere vivente interagente in un sistema biologico complesso.

La sua origine è rappresentata nei geroglifici ancestrali dove il metodo adottato nei normali compiti quotidiani assurge al ruolo di rito. In alcune grotte del Paleolitico, di cui il sito della Grotta di Chuvet è il più noto, è possibile rendersi conto che gli elementi del fuoco, dell’acqua e della terra hanno assunto significati diversi dall’incarnare il semplice utilizzo (ho sete per cui bevo) o catastrofe naturale (il lampo che cade e incendia il bosco). Gli elementi che iniziano ad essere osservati e intuiti come “diversi” o “altro” da ciò che fino ad allora avevano creduto.

La coscienza collettiva venne quindi investita dal mistero, dalle prime domande che si rivelavano possedere risposte troppo ampie (ovvero contenenti troppe informazioni da dedurre per riuscire a correlarle nel loro insieme) per poter essere comprese. Nessuno sapeva da dove provenisse il lampo, figuriamoci un tuono o un altro essere umano. Era ovvio che alcuni appartenenti al branco espellessero fuori altri esseri, era sempre successo così, così come era sempre successo che il fuoco bruciasse e l’acqua bagnasse. Il gruppo fino a quel momento aveva accettato ciò che accadeva senza domandarsi perché accadesse.

I simboli disegnati sulle pietre dimostrano che il cervello dell’uomo di Cro-Magnon formava gli schemi neuronali appartenenti al pensiero astratto, che osservava il mondo e aveva idee, che iniziava a capire come le cose funzionassero e che alcune volte comprendeva anche che cosa le provocasse.

Insieme a questa nuova coscienza i simboli che disegnavano rivelano anche l’emozione della paura, paura che nasce laddove si rompe la norma. Gli schemi comportamentali normalmente adottati iniziavano a non bastare più, la percezione del mutamento richiese quindi uno sforzo nuovo per comprendere come muoversi in realtà fino a quel momento non percepite.

La reazione di fronte agli avvenimenti esterni, lo stimolo dello scappare o del rispondere in un certo modo di fronte agli inconvenienti della vita (1 bisognava procurarsi da mangiare;  2 si era cibo per altri a propria volta; 3 l’ambiente non era né prevedibile né controllabile se non in minima misura), iniziò a determinare la differenziazione del cervello maschile da quello femminile (il maschio era più muscoloso, forte ed aggressivo per cui adatto alla caccia e a spostarsi per lunghi tragitti; la femmina si rivelava invece più adatta al controllo del territorio circostante visto che allattava e allevava i piccoli del gruppo) e dei ruoli sociali.

E su tutti i simboli raffigurati, presenti nei siti archeologici di ogni latitudine, uno solo appare comune: l’essere metà umano e metà animale.

Spesso soggetto unico su un’unica parete, spesso in posizione di rilievo, spesso rappresentato con genitali femminili e/o maschili, inquietante, ripetitivo, ossessivo. Certo se nelle grotte francesi è una testa di bufalo con il corpo di una donna, in Messico è il corpo di una pantera con la testa di un uomo, ma ciò non rende meno evidente che sia lo stesso identico concetto presente in ogni civiltà del mondo, nessuna esente.

Carl Gustav Jung è stato lo studioso che ha teorizzato gli studi sull’inconscio collettivo partendo dal presupposto che il modo di pensare degli esseri umani sia costruito sulle esperienze e sui risultati precedentemente accumulati, causa ed effetto / mito e storia. Tuttavia ogni essere umano ha la possibilità di attingere in modo inconscio a un’informazione cognitiva contenuta in un bacino comune a cui può avere accesso in modo mentale ed intuitivo. Questo bacino, denominato inconscio collettivo, fornisce il significato di base dei simboli e permette la ricerca di un’interpretazione personale. Questo approccio mentale definisce lo stato di coscienza individuale e la qualità di attività mentale maggiormente sana.

L'inconscio personale è ineguagliabile e irripetibile, ma è come se ognuno di noi rappresentasse la sfaccettatura di uno stesso insieme. Sia biologicamente che mentalmente e intuitivamente, ci manifestiamo nel sistema complesso della vita in cui siamo sia unici che inseriti nella manifestazione irriproducibile e comune dell'universo presente. Che è in espansione e modifica le proprie rotte attraverso cicli cosmici a noi in gran parte sconosciuti.

Questi tre differenti stati, biologico, mentale e intuitivo, puramente soggettivi nelle loro dinamiche umane, contribuiscono all'implementazione dell'inconscio collettivo da cui nascono le immagini. Immagini mentali e sinestetiche che si modificano a ogni epoca e a cui corrispondono opere diverse che rappresentano un diverso modo d'osservare l'archetipo. Il modo di pensare degli esseri umani è infatti costruito sulle esperienze e i risultati precedentemente accumulati (il mito e la storia), le cause e gli effetti manifestati durante la realtà quotidiana (l'esperienza soggettiva e comune) e viene costantemente implementato dai meme culturali attivi nei diversi periodi storici.

L'archetipo è una grandezza inconoscibile e non può essere rappresentato nella sua interezza perché è solo un'idea, un'informazione a sé stante, per cui ininfluenzabile, che rivela una parte delle proprie qualità attraverso la metabolizzazione che ne fa l'inconscio collettivo. Questa dinamica si manifesta nei diversi campi di studio umano, rivelando il proprio lato surreale ed emotivamente evidente nell’arte, e ogni epoca, con ogni ulteriore conquista umana connessa, contribuisce all'implementazione della definizione dei concetti archetipici indagando sfaccettature diverse della realtà personale ed universale. Ogni periodo storico ha i propri meme: per ogni epoca una moda, per ogni cultura un’estetica, per ogni generazione gli ideali, per ogni tecnica un‘accademia, per ogni tempo i propri dei e i propri leader.

Tornando alla figura mitologica metà uomo e metà animale, è quasi una banalità voler affermare che l’umanità ne sia sempre ossessivamente interessata. Una breve scorsa ai film, alle serie Tv, ai libri e alle manifestazioni della creatività artistica per rendersi conto che fra vampiri, licantropi, supereroi, mutanti del corpo e della mente, dal Dottor Jeckyll e mr. Hide, da epoche ancora più remote in cui gli dei dell’olimpo erano metà uomini e metà animali, da Metropolis di Fritz Lang del 1927, ai cinici chirurghi di Nip\Tuck, all’inquietante Possession di Zulawski, all’attuale banale e osnoblotica saga di Twilight, ce n’è per tutti i gusti.

E in quest’epoca in cui quasi tutto sembra possibile l’ossessione per il mito si manifesta nell’ossessione del mutamento del corpo, che si esprime anche attraverso tecniche invasive come la chirurgia che trasforma bocche in canotti, seni in palloni da rugby o volti più simili a demoni e felini che non ad esseri umani. Cambiamenti talvolta spettacolari la cui espressione meno violenta ed aggressiva è rappresentata dalla Body Painting, invasiva psicologicamente piuttosto che fisicamente.

Tatuaggi, scarificazioni, impianti, piercing estremo, applicazioni di protesi, chirurgia. L’ossessione del mutare la propria forma fisica per impossessarsi della conoscenza intrinseca, perché finalmente realmente posseduta, del mito della propria epoca e del proprio stato di coscienza. 


E ad ognuno la scelta e le possibilità d’essere il mutantropo che desidera.

1 commento:

  1. Se siete interessati ad approfondire il tema "simboli e antropologia":
    http://www.repubblica.it/scienze/2012/06/14/news/spagna_arte_rupestre_retrodatata-37177206/

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